18 ottobre 2016
È difficile contraddire che nella nostra società tutto sembra essere indirizzato all’apparire, a entrare in scena, a venire alla ribalta, a stare sotto i riflettori. Questa tendenza vale tanto per le persone che per le cose, Nella nostra società dello spettacolo possiamo parlare di una “vetrinizzazione sociale” Tutto, oggi è convertito in fenomeno da “esporre in vetrina”, e per gli individui la vetrinizzazione è diventata difficile da evitare.
Vediamo tutti lo charme che la pubblicità esercita sui preadolescenti e sui giovani e come il problema del cosiddetto consumo compulsivo – che coinvolge tanto i ragazzi quanto i genitori – sia un materiale quotidiano di opposizione e di scontro. Dalle mutande alle scarpe, dalle borchie al piercing, dal profumo al trucco, ciò che più conta è che l’oggetto da vestire sia firmato. Poiché il suo valore sta nel “logo”, nella marca, nella firma. L’atto del comprare è diventato “compulsivo”, ossia una esigenza fine a se stessa, senza nessun collegamento con il bisogno, quasi un impulso istintuale, una “vocazione”. Scuola Paritaria Milano
Parlando di consumismo e di mode giovanili, più che temporeggiare sul potere del marketing e della pubblicità diventa interessante mostrare la formazione delle “tribù” intorno ad un oggetto che viene ad assumere la veste di un totem. Può trattarsi di un videotelefonino - come dice esplicitamente lo spot pubblicitario - o magari di Harry Potter. Ciò che è da rimarcare è la voglia di comunità, di sentirsi in gruppo, di appartenere a una tribù.
Ma questo processo di tribalizzazione spiega anche perché si vuole partecipare a un concerto, a una “notte bianca”, a una proiezione cinematografica e, forse, anche ad un’agorà giovanile con la presenza del Papa.
In sintesi, nella società dello spettacolo e della seduzione, al primo posto compaiono gli obiettivi dell’apparire: si chiamino “veline” o candidate al concorso di “Miss Italia”, o comunque i partecipanti a un reality show. Istituto Turismo
Deve farci riflettere il dato poiché i bambini italiani sarebbero i più “griffati” d’Europa! La domanda che gli educatori sono allora chiamati a porsi è perché i giovani attribuiscano questo primato all’apparire, perché siano disposti a fare sacrifici pur di “esserci”. Scuola Tecnica Informatica
Rimane tuttavia vero che non possiamo colpevolizzare i giovani di oggi (che poi sono i nostri figli), né tanto meno semplificare il problema riducendo tutto alle mode del tempo. Si tratta di capire perché il “logo” (la marca, la firma) sia diventato un moltiplicatore di valore agli occhi dei giovani. Perché il marchio, cioè, sia più importante dello stesso oggetto che si acquista e perché si trasformi in un metro di classificazione sociale.
La conclusione è che se lo spettacolo e il consumo si affermano come egemonia culturale senza alcuna mediazione educativa, il risultato della mercificazione totale degli stessi rapporti umani è destinato a imporsi come un esito fatale.