19 aprile 2023
L'immagine femminile è stata l'oggetto prediletto della creatività, le statuette antropomorfe, chiamate “Le Veneri Preistoriche”, alte 10/15 centimetri, di pietra, osso, o di steatite, trovate in vari scavi ritraggono più di 25.000 anni fa una donna che è genitrice dell'essere umano, che veniva adorata e alla quale millenni dopo venivano dedicate cerimonie con offerte votive, riportato in molte testimonianze: nel passato più antico infatti la donna era associata all'idea della fecondità, protagonista della vita. In epoche a noi più vicine la donna è diventata un modello di bellezza e di erotismo da studiare e rappresentare e la modella è stata la musa ispiratrice, ma anche la fonte del peccato, oppure l'esempio delle doti domestiche e della virginale maternità, una donna madre che per tutto il Medioevo, fino al ‘600 si è identificata nell'immagine sacra della Madonna.
Nell'immaginario maschile, predominante nel campo delle arti, la figura ancestrale della madre è una presenza insistente e prevalente, una figura che col passare del tempo e del mutare dei costumi si è trasformata, in certa arte nella cultura occidentale, in una tentatrice distruttiva, sensuale e pericolosa per l'uomo perchè seducente. Pur essendo il soggetto privilegiato della rappresentazione artistica, è difficile ricostruire la sua presenza attiva nel campo artistico perchè per secoli la donna artista è stata invisibile o quasi, la sua attività si svolgeva tra le mura domestiche, nei conventi e le sue occupazioni principali si svolgevano nell'ambito delle arti cosiddette minori, come il ricamo, la tessitura e la miniatura. È stato durissimo per la donna ottenere il privilegio di essere ammessa in un'accademia di Belle Arti proprio per questo motivo. Ma alla fine le donne ce l'hanno fatta.
Le donne che in passato sono riuscite a diventare artiste importanti hanno dovuto combattere una lotta col proprio tempo, superare ostacoli, impossibilità, incomprensioni, violenze, condanne, delusioni. Le donne pittrici cominciarono ad esprimere la loro personalità femminile solo quando riuscirono ad affrancarsi dal giogo delle figure maschili di riferimento: i loro dipinti, lavorando a stretto contatto col familiare che le aveva avviate nell'arte, producevano una pittura che non si distingueva da quella maschile a conferma della loro mancata affermazione individuale.
Le prime pittrici sono artiste dell’antica Grecia Timarete, Kalipso, Aristarete, e Olympas, ma solo nel sedicesimo secolo compaiono nell’arte. La prima che va ricordata è sicuramente Marietta Robusti, detta “Tintoretta”, La pittrice era particolarmente dotata nel ritratto, che le veniva richiesto dai notabili del suo tempo, divenne una moda a Venezia posare per lei. La sua fama crebbe a tal punto che Massimiliano II d'Austria e Filippo II, re di Spagna la invitarono alla loro corte.La sua tecnica veniva confusa con quella del padre. L'unico dipinto certo, perchè contrassegnato con una “M.”, è l'Autoritratto con in mano un madrigale di Verdelotto, infatti, la pittrice aveva un grande talento musicale. Non le fu mai possibile avere una vita autonoma dal padre, anche se ebbe la fortuna di essere circondata dal suo amore. Al contrario di lei, la cremonese Sofonisba Anguissola, I suoi ritratti sono un perfetto esempio di pittura italiana rinascimentale. Fu una delle prime esponenti femminili della pittura europea, partecipò come figura di spicco alla vita artistica delle corti italiane.
Artemisia Gentileschi - Ancora oggi è considerata simbolo di indipendenza e affermazione personale. Fede Galizia ciò che la rende unica per il suo tempo è la natura morta, che cominciava a muovere i primi passi come genere a sé stante e che dipingeva per diletto personale, non essendo ancora apprezzata e richiesta la natura morta a quei tempi. La sua opera Alzata con prugne del 1602 è uno dei primi esempi di natura morta. È un'immagine che ferma il tempo con la sua raffinatezza per la bellezza dispiegata, per il senso della vita che passa, della bellezza che sfiorisce. È una pittura, la sua, che testimonia la sua segreta e profonda ricchezza interiore. Ma è stata unica del suo genere con le nature morte. Questa pittrice si dedicò tutta la sua vita all'arte, e poté esprimerla solo per l'appoggio del padre.
Rosalba Carriera, una ritrattista e pittrice che ritrasse i più grandi e famosi personaggi del suo tempo alle Corti dei re e dei principi. Ben presto di dedicò alla miniatura, dove dimostrò da subito la sua bravura. lei fu la prima pittrice che scelse di usare l'avorio per decorarne i coperchi, che poi venivano dipinti. Il suo soggetto preferito erano vezzose damine vestite con abiti eleganti, ricchi di pizzi, gioielli, pellicce, cappelli e decorazioni varie. Visto il successo delle miniature, Rosalba si perfezionò nel ritratto, utilizzando con maestria il pastello. La sua fama la fece acclamare membro della prestigiosa Accademia di Francia, inusuale per una donna.
L’arte è di tutti, l’arte non può essere giudicata, perché è personale, uno schizzo su una tela per l’autore può avere un significato profondo della sua esperienza, anche le donne devono avere la possibilità di esprimere ciò che vogliono, il cinema è una di quelle espressioni di sentimenti.
SARANGI FERNANDEZ - 5^A LES
Il ruolo della donna nel cinema è sempre in continua evoluzione. Il grande schermo non ha sempre conferito ai ruoli femminili la giusta identità, ma spesso restituendone l’immagine costruita dagli uomini, deviata ed edificata dal tempo e dalla storia.
Il mondo femminile ha fin da subito trovato un proprio spazio all’interno del cinema, ma la donna non viveva di una particolare libertà nei film. La sua unica prospettiva caratteriale era l’amore, l’unico fine a cui poteva adempiere. Per quanto potesse assumere la centralità di una pellicola, il suo personaggio era inesorabilmente legato e intrecciato a quello dell’uomo, quindi sempre subalterno e vincolato.
A partire dagli anni '20 e '30…
Arriva il periodo delle flapper girls nei ruggenti anni Venti, considerate il primo esempio di emancipazione femminile, bevevano alcolici, fumavano in pubblico, si intrattenevano fino a tarda notte ed erano sessualmente libere. Ciò che emergeva era una realtà femminile divisa in due figure: una donna nel cinema che era sia "femme fatale" e amante, che donna vergine, pura e amorevole.
A questo primo aspetto appartengono pellicole come Aurora, Il Vaso di Pandora e The Wonderful Lies of Nina Petrovna. A proposito del ruolo seduttrice delle donne nel cinema, bisogna citare il capolavoro di Pabst: Louise Brooks ha un fascino irresistibile, che attrae uomini e donne, infatti il regista austriaco è stato uno dei primi a mostrare sullo schermo l’attrazione tra due donne.
In un secondo periodo, l’evoluzione del ruolo della donna nel cinema è caratterizzata dalla nascita delle flapper girl, primo timido effetto dell’emancipazione femminile, come appare nei film The Women, Volto di donna e Il romanzo di Mildred. Questo cambiamento si evince nella raffigurazione di una donna con meno ostacoli o restrizioni, che si divincola da una sudditanza maschile, per riappropriarsi di una sicurezza, di una libertà fisica e di uno spazio in cui determinarsi. Questa indipendenza porta la donna nel cinema ad affacciarsi nel mondo del lavoro, che dopo il crollo economico diventa necessario e significativo per le industrie. La donna nel cinema è posseduta da un forte desiderio di autoaffermazione, con un’idea ben precisa dello spazio in cui desidera vivere, che non è più il focolare domestico, la donna non è più la sposa e madre felice, cosa che si può ben osservare nel film "L’angelo bianco."
Durante il fascismo cambia il ruolo della donna nei film.
Non si può certo dimenticare quanto l’avvento del fascismo, in Italia, cambiò l’evoluzione della concezione della donna. Il fascino e la sensualità delle dive sembrarono scomparire, l’idea limitante e plumbea era restituire alle donne le virtù di un tempo, l’essere donna e madre, configurata nel suo microcosmo familiare. Ma se l’Italia era oscurata, sia dentro che fuori il mondo filmico, dall’ombra del fascismo, nel 1939 in America veniva realizzata una pellicola destinata ad essere ricordata per sempre, assieme al suo personaggio principale: Via col vento. La protagonista è Scarlett O’Hara, o Rossella nella versione italiana, una donna nel cinema che ribalta ogni valore e ogni appartenenza ad un genere preciso, non è una dark lady, non è una femme fatale, anzi è un anti eroina.
Gli anni '50
I personaggi femminili degli anni ’50 hanno tracciato un percorso atipico ed eclettico che ha saputo dominare sul cinema in avvenire, che a volte ha urtato contro se stesso, poiché le donne appartenenti a questo tempo si sono consolidate e specchiate nelle interpretazioni tanto di Anna Magnani in Bellissima, quanto di Joan Crawford in Johnny Guitar, o di Sophia Loren e Marilyn Monroe. Gli anni ’50 sono anche il terreno su cui è sorto il neorealismo rosa, un sottogenere della commedia italiana che ha come protagoniste le donne di origine popolare e prive di doti recitative. Fanno parte di questa categoria Pane, amore e fantasia con Gina Lollobrigida, Poveri ma belli e Tutte le donne del maresciallo.
Anna Magnani è una delle poche donne della cinematografia mondiale a non voler corrispondere ai canoni di bellezza esplicitati dalle produzioni o dalle mode del tempo, ed è per questo che le sue interpretazioni sono il simbolo di una femminilità che combatte gli stereotipi femminili, che rappresenta sé stessa e la propria arte senza condizionamenti o archetipi prestabili o introdotti.
Gli anni '60 e Lolita
Sono proprio gli anni ’60 ad aver rotto per sempre con una visione sessualizzata della donna e ad averla resa al pubblico nelle sue sfaccettature, rendendo le nuove protagoniste dei personaggi a tutto tondo.
I ruoli femminili fanno ritorno ad una peculiarità primigenia della donna, a metà tra la sensualità e la purezza. Talvolta appoggiandosi alla figura della donna-bambina che si abbandona alle attenzioni dell’uomo. Si è fatto ritorno ad una particolarità dell’essere femminile, archetipica, dissoluta e sensuale, a volte abbracciando le concezioni di donna-bambina che si concede alle attenzioni dell’uomo, come per esempio per la ninfa Lolita portata al cinema da Kubrick, in cui il divismo del corpo attraversa una età precoce e acerba della femminilità.
Nel nuovo millennio
Un esempio di avanguardia è delineato da Thelma e Louise, cult di Ridley Scott con la mitica Susan Sarandon. Thelma e Louise sono due donne che fuggono dagli uomini, alla ricerca di una vita più soddisfacente: due guerriere lottano con il resto del mondo e rischiano tutto per la libertà, decise a superare una realtà che le vuole vedere soccombere. Tematiche molto simili sono affrontate anche in altri film come Boys Don’t Cry, Pomodori verdi fritti, Erin Brockovich e The Hours: le protagoniste portano avanti la propria battaglia interiore, mostrando le difficoltà insite nella vita di una donna.
Ci viene mostrato un modello di donna complessa, intelligente e forte, pronta a sovvertire le dinamiche di una società che la vorrebbe diversa. Tante sono le sfide che deve affrontare quotidianamente una donna, a livello lavorativo, nell’espressione della sua femminilità, nell’ambito della sessualità e in ogni situazione in cui ci sia un confronto con l’altro sesso. La donna comincia ad essere rappresentata in modi molto diversi al cinema, attraverso sempre più frequenti storie di maternità, o rappresentazioni di donne crudeli, femminilità negate, madri eroiche, che cercando di sopravvivere in un mondo anestetizzato all’essere uomo, spesso con l’obbligo di comportarsi come loro, dando spazio ad un annientamento del proprio carattere o modo di essere in virtù di un sacrificio più alto.
Il culmine della voglia di rivalsa femminile nel cinema arriva con la figura della donna guerriera, come osserviamo con Beatrix Kiddo di Uma Thurman in Kill Bill, ma anche in Margaret Fitzgerald di Million Dollar Baby o in Katniss di Hunger Games.
In conclusione, dopo alcune considerazioni, una cosa si può dire, ovvero che il tempo e l’epoca storica è riuscita sempre a determinare in modo particolare la concezione e la percezione del ruolo femminile nell’arte e soprattutto nel cinema. Il ruolo della donna e la donna in termini assoluti sono figure in continua evoluzione, il cui cambiamento è conferito sia dalle spettatrici e dagli spettatori, ma anche dalle produzioni e dalle registe, che con il loro occhio libero e anticonformista possono spingere un’intera società a mettersi in discussione, attraverso i ruoli interpretati dalle donne, che sono il termometro di una società che ne misura la temperatura sociale, simbolo dell’emancipazione di un paese e del benessere di uno stato, i cui ruoli e la cui libertà devono essere ogni giorno intensificate e insegnate. Si è arrivati finalmente a coinvolgere la donna anche nel mondo politico, ma come la chiamiamo presidente o presidentessa? Questo è il dilemma che solo ora ci siamo interessati a chiederci.
NICOLE KRAKAMP - 5^A LES
Le discriminazioni esistono e possiamo notarle anche nella lingua che parliamo attraverso il nostro lessico esprimiamo ciò che pensiamo. Spesso la parola può creare cose belle, ma anche distruggere. Parole che apparentemente sono innocue possono in alcuni casi creare molti problemi. Il linguaggio è lo specchio della nostra società. Se analizziamo il dizionario ci rendiamo conto che spesso notiamo alcune definizioni che rilevano una differenza di genere. Secondo me per esempio spesso la donna viene discriminata nei termini che si associano ad essa. Alla donna vengono a volte associati termini, aggettivi che sono discriminatori rispetto all’uomo. Questo fa parte anche della nostra mentalità.Adesso secondo me si sta molto più attenti a non creare questa disparità. Mi vengono in mente delle parole che indicano delle professioni che spesso vengono usate al maschile esempio avvocato e avvocatessa. Comunque dobbiamo prendere coscienza del ruolo della lingua italiana e degli aspetti negativi che possono venire fuori e correggere gli errori che abbiamo fatto fino adesso.
SIMONE ALBANO - 5^A LES