11 giugno 2020
SCUOLA FREUD – ISTITUTO FREUD
Tecnico Tecnologico – Tecnico Economico – Liceo Economico Sociale
RIFLESSIONI SUL COVID - 19: "COMBATTEREMO CONTRO LO SCURO SPECCHIO DI QUESTA NOTTE"
a cura della studentessa ARIANNA IANNELLI della classe III B Liceo Scienze Umane
24 febbraio 2020
Quel giorno mia madre tornò a casa prima del solito. Entrò con calma, col solito passo scandito dal ticchettio dei tacchi sul piastrellato.
Mia sorella ed io eravamo in camera quando lo percepii, in quel momento non gli diedi peso, ma dentro di me sentivo che c’era qualcosa di diverso.
Andando ad accoglierla appresi che le scuole sarebbero state chiuse qualche giorno prima del ponte di carnevale; non pensai al perché, avevamo un ponte più lungo, in fondo non mi serviva sapere altro.
Iniziai a passare le mie giornate così: in casa a parlare con mia sorella, lasciarmi incantare da Netflix e chiacchierare al telefono con le mie amiche. Tutto sembrava perfettamente normale; ma è quando lo scorrere della vita procede troppo semplicemente che bisogna avere paura: la calma prima della tempesta, il rombo prima del lampo, il buio prima della fine...
Un alone di nebbia violacea iniziò a sollevarsi dalla terra, avvolgendo così i corpi delle persone, rendendoli pesanti, troppo pesanti, impedendo loro pian piano di muoversi e di alzarsi: così che si assopì il mondo.
Sempre più domande, sempre più dubbi, finestre sempre più chiuse: perché non si può ancora uscire? Perché, ad un tratto, un semplice raffreddore spaventa tanto?
Parole come pandemia e virus mortale sostavano sulle labbra schiuse delle persone, pronte a fuoriuscirne; nonostante ciò, il timore di rendere reale la morte le bloccava; come un tappo di prudente ansia compressa a tappare lo scoppio di una bomba.
E la pressione aumentava e, con lei, il fischio che fuoriusciva stridulo e penetrante dalle labbra, ora serrate, dei vigliacchi.
Fino a quando la bomba scoppiò: una voragine si aprì sotto i piedi della gente e lo spegnersi di troppe vite ci costrinse ad accogliere e convivere con la nostra paura del buio, il buio che espandendosi ci attorniava.
Vi siete mai chiesti perché è successo tutto questo? Perché io si, io me lo sono chiesto mille ed una volta, senza trovare risposta.
La verità è che non lo so, la prigionia mi ha dato alla testa, impedendomi di ragionare; perché è di questo che si tratta: una reclusione, un carcere forzato, ma forzato da chi? Dallo Stato? Non è colpa sua se è arrivato il virus.
Ma allora da chi? Chi è che ci costringe a stare qui dentro? È una cosa così semplice eppure, al contempo, così assurda, così sbagliata.
A tenerci rinchiusi qui, siamo noi. Già, proprio noi: noi che ce ne freghiamo di tutto e di tutti, noi che non pensiamo ad altro che a noi stessi.
Siamo stati in quarantena per moltissimi giorni, così tanti che ho perso il conto del tempo che passava.
La mia percezione della vita è cambiata radicalmente mentre mi richiudo a guscio, in me stessa, cercando di ignorare le disgrazie della gente intorno a me.
Conoscenze in fin di vita, attaccate ad una macchina; ed io qui a guardarmi un film, a leggere un libro, a cucinare.
Quanto può essere ingiusto? Quanto può essere sbagliato questo mondo?
Ci sono migliaia di persone: dottori, poliziotti, scienziati, padri e madri che meriterebbero di vivere, che hanno uno scopo, un posto nel mondo che gli viene strappato con violenza dalla natura.
Ma è colpa nostra! È colpa nostra se la natura ci punisce. Non ci siamo presi cura di lei, non abbiamo neanche provato a salvarla, a tutelarla dai nostri comportamenti per lei nocivi, così si è salvata da sola.
Ma il prezzo lo hanno pagato i buoni, lo hanno pagato anche coloro che magari alla natura ci tenevano, e che sono stati pugnalati alle spalle, mentre coloro che gioivano nel distruggerla, nel vederla bruciare, osservano il risultato dalle loro “torri d’avorio”, rimanendo impuniti, crogiolandosi nella loro ricchezza a discapito della vita degli altri.
Sono loro i moderni assassini: sono coloro che sono assorbiti dalle ombre, nutrendosi della nostra paura, della nostra tristezza e della nostra disperazione.
Questa nostra paura li rende più forti e, appagando la loro sete, gli permette di accrescere le loro brame e di continuare a sfruttare questa situazione, costruendo il loro “regno del terrore”.
Ora alzatevi, impeditegli di nutrirsi delle vostre debolezze e dei vostri pensieri plumbei, solo così non spegneranno la speranza.
Perciò gioite, gioite perché gioendo andremo avanti.
Gioite perché solo così combatteremo le tenebre.
Gioite perché nulla è ancora perduto e perché verrà il giorno in cui ognuno di noi verrà ripagato per i propri sforzi e pagherà per le proprie colpe.
Possiamo farcela, possiamo vincere, non abbandonate la speranza, perché la speranza è la luce della nostra anima buona, che salverà le persone dalle tenebre e che illuminerà questa lunga è angosciante notte.
Il virus se ne va, ce l’abbiamo fatta. Ma è davvero così?
Pensieri sollevati e respiri tra i sorrisi ci accompagnano verso lo spiraglio di luce apertosi, finalmente, in fondo a questo tunnel.
Le persone ridono, scherzano, vedono gli amici; si dimenticano di tutto. Ma è davvero giusto? È giusto continuare a vivere dimenticandoci di coloro che hanno dato la vita per sterminare la notte? Quella notte che è tutt’altro che sparita.
Quella notte ci sta rendendo ciechi, impedendoci di accorgerci dei suoi movimenti infidi e del suo serpeggiare tra le pieghe della nostra caparbietà e della nostra forza d’animo che ci fa credere, sperare, che ci fa guardare avanti e sorridere.
E noi continuiamo a vivere, consapevoli inconsciamente della catastrofe imminente: consapevoli del buio che incomberà nuovamente su di noi e che ci toglierà la vita con pacata lentezza, facendoci assopire per poi spirare quasi impercettibilmente; spegnendoci a nostra volta e soffocando la nostra luce.
Perché l’ingenuità si paga con la beffa e l’ostinazione con la vita.
Lo sappiamo. Sappiamo che non è finita ma, nonostante questo, perseveriamo nei nostri errori insistendo nel voler andare avanti con gli occhi chiusi, non volendo guardare in faccia la realtà, rappresentata dalla volta scura senza stelle né lucciole.
Ma volete sapere una cosa? Le lucciole oggi siamo noi, perciò smettiamo di chiudere gli occhi, guardiamo il volto scuro delle tenebre e di coloro che le hanno formate e scuotiamoci: una forte scossa che accenderà un miliardo di fari, un miliardo di anime testarde, cocciute e incredibilmente stupide ma, nonostante tutto, talmente tanto coraggiose da illuminare il mondo, da schiarire e dissipare il buio.
Quindi no! Non ci piegheremo! E, se ci tarperanno le ali, faremo in modo che cadano con noi e che insieme a noi precipiti anche questo nero specchio, che riflette e racchiude ansie, lacrime e paure. Questo cupo specchio che ci opprime e ci impedisce di proseguire sulla nostra strada, che ci impedisce di vedere il sole.
Perciò brillate, io brillerò con voi e, se brilleremo abbastanza intensamente, raggiungeremo finalmente quella lastra violacea, sfondando il vetro opaco della nostra gabbia e, tra sudore misto all’odore del sangue, voleremo finalmente verso il nostro sole. Con un grande sorriso e un urlo trionfante, le nostre lacrime scorreranno sulle nostre guance e cadranno a nutrire il mondo che, come bocciolo, sboccerà sprigionando profumo di vite passate e di nuovi inizi; mentre il suo polline, libratosi in alto sopra le nuvole, ci raggiungerà e ci guiderà finalmente sulla luminosa strada del futuro, privataci per così tanto tempo e concessaci da ora al nostro “per sempre”.