25 ottobre 2024
Il Dottor Daniele Nappo, Rappresentante Legale nonché fondatore della Scuola Paritaria S. Freud, pone l'attenzione sull'inclusività nelle classi che offre agli studenti la possibilità di interfacciarsi quotidianamente con sfide-opportunità di adattamento, elasticità, giudizio in ambiti fondamentali per la crescita della personalità.
L'inclusione nella scuola di cui si parla nei documenti ministeriali o progettuali, nei fatti è spesso disattesa e le politiche e di conseguenza la prassi dovrebbero indirizzarsi verso il raggiungimento di questo obbiettivo. Il problema, però, va affrontarlo con coraggio e onestà intellettuale. L'argomento più delicato è il rapporto allusivo al presunto danno che avrebbero gli studenti cosiddetti 'normali dal trovarsi nelle stesse classi con allievi con disabilità, Dsa o difficoltà di altro tipo. Se il dibattito chiave è il vantaggio che l'omogeneità cognitivo culturale della classe garantirebbe in termini di qualità del percorso formativo, allora servirebbe strutturare classi differenziali anche in rapporto al livello culturale d'ingresso: questo perché forse soprattutto chi è più indietro, anche senza disabilità, può rappresentare motivo di rallentamento. Non si può che criticare l'idea che la qualità del percorso formativo di uno studente si possa valutare con la velocità con cui procede nel suo studio. È chiaro che una classe omogenea camminerebbe più velocemente e affronterebbe magari più argomenti, ma con quale prezzo di crescita umana reale? Quanto apprendimento immateriale, silenzioso, lento ma concreto e di ampia portata si definisce, invece, nel contatto quotidiano con chi è più in difficoltà e, più in generale, nel confronto con le differenze? La verità, gli studenti lo capiscono, è che il confronto con le varie forme di diversità offre quotidianamente a tutti delle sfide-opportunità di adattamento, elasticità, giudizio in ambiti fondamentali per la crescita della personalità, come la gestione delle emozioni e delle relazioni, l'organizzazione, l'ascolto, la tolleranza, l'empatia, il riconoscimento dell'altro, il cambiamento del punto di vista. Il problem solving è un validissimo motore di crescita: sviluppo non solo etico e civile, ma anche socio-emotivo, cognitivo e culturale. Non va dimenticato che ad aiutare l'evoluzione cerebrale della specie umana, con le necessità evolutivedettate dall'adattamento ambientale, vi sono state quelle di tipo sociale e la necessità di affrontare intellettivamente le sfide imposte dalla gestione, cooperativa, di gruppi e società sempre più articolate e diversificate. Storicamente le società che si sono evolute di più sono state quelle più aperte al confronto con culture, stili, approcci, etnie diverse, non quelle più chiuse in sé.